“I rappresentanti delle Nazioni Unite e l’Italia stanno commettendo un grave errore in Libia. Hanno cercato di raggiungere un accordo politico unitario senza tenere conto della parte orientale, la Cirenaica, mentre consentono agli islamisti di tornare al governo. Questo non lo accetteremo mai”. Ali Qatrani è il vice premier del Governo di unita’ nazionale libico sostenuto dall’Onu e dalla comunità internazionale guidato da Al Serraj, ma in realtà non ha messo da mesi piede a Tripoli. E’ il rappresentante della Cirenaica nel complesso mosaico su cui si regge l’esecutivo, ma è considerato un falco e l’uomo più vicino al generale (ora maresciallo) Haftar, il militare che a capo dell’ esercito nazionale libico con l’appoggio del Parlamento di Tobruk, vuole riunificare il paese e scacciare gli islamisti. Lo intervistiamo, tra eccezionali misure di sicurezza, a Roma dove ha incontrato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Continua a leggere
Archivi autore: Alfredo Macchi
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“Quanto è diventato difficile fare il peacekeeper”
Andrea Angeli, marchigiano, professione “peacekeeper” per le Nazioni Unite, negli ultimi 30 anni è stato in prima linea in tutti i paesi dove ci fosse una crisi in corso. Portavoce delle principali missioni internazionali, dalla Bosnia al Kosovo, dall’Iraq all’Afghanistan. Qui negli ultimi due anni è stato “political adviser” per la Nato. Prima è stato al fianco del sottosegretario agli esteri Staffan de Mistura per cercare di risolvere la complicata vicenda dei due marò. Dopo “Professione peacekeeper” (2005) e “Senza pace” (2011) esce in questi giorni il suo terzo libro, “Kabul – Roma, andata e ritorno (via Delhi)” (Rubettino editore 2016). Lo abbiamo incontrato e intervistato. Continua a leggere
Auguri ad un padre di cui non so il nome
Una richiesta di aiuto dall’Etiopia
La siccità che sta colpendo l’Etiopia secondo l’Onu è la peggiore degli ultimi trenta anni. I raccolti sono andati perduti, migliaia di capi di bestiame deceduti e milioni di bambini sono a rischio. Roberto Rabattoni, verbanese, fondatore nel 1983 del Centro Aiuti per l’Etiopia, è in prima linea nelle zone più colpite. Continua a leggere
“La guerra sulla pelle”: le foto di Erik Messori in mostra a Belfast
Independent on my Skin
Per decenni la guerra tra IRA e militari britannici in Irlanda del Nord è stata sulle prime pagine dei giornali mondiali. Poi è arrivata una tregua, mai firmata, e non se ne parla più. Sotto la cenere però il fuoco indipendentista arde ancora e il fotografo italiano Erik Messori per due anni e mezzo è stato nei luoghi segreti dell’IRA tra i protagonisti di quelle pagine di storia e sangue per raccontarlo. Le sue straordinarie fotografie (dal titolo “Indipendence on the skin”) vengono esposte alla Red Barn Gallery di Belfast dal 4 febbraio al 23 aprile. Ne abbiamo parlato con l’autore Erik Messori, fotoreporter che lavora per le più importanti riviste internazionali, pluripremiato e tra i fondatori del collettivo CAPTA, nato da poco ma già emergente nel panorama fotografico italiano.
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“I cristiani resisteranno nonostante tutto”
“Il Medioriente come lo conoscevamo non esiste più e non so cosa ci sarà dopo. Certo bisognerà ricostruire la fiducia tra cristiani e musulmani e non sarà una cosa facile. Ma è necessario farlo”. Padre Pierbattista Pizzaballa è uno di quei frati che parla in modo semplice e che affronta incredibili difficoltà come se nulla fosse. E’ il Custode di Terra Santa, responsabile dei cristiani in Medioriente. Vive a Gerusalemme ma si sposta tra Iraq e Siria dovunque la guerra minacci fedeli, sacerdoti, chiese e monasteri.
“Ad Aleppo” – racconta – “cristiani e musulmani contano i morti ciascuno per conto proprio, secondo la fede di appartenenza. Questo dimostra che non c’è più fratellanza, che ogni rapporto è da ricostruire”. Lo incontro a Roma dove è venuto per parlare di quanto sta accadendo ad un affollatissimo incontro organizzato dalla fondazione Avsi e dalla rivista Oasis. Continua a leggere
Giornalisti a lezione di guerra
All’estero è quasi obbligatorio, in Italia sta cominciando a diventare una prassi: i giornalisti, i cameraman e i fotografi che vanno sui fronti di guerra devono essere adeguatamente preparati. E così dopo i corsi lanciati dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana assieme allo Stato Maggiore della Difesa, al Corso in memoria di Maria Grazia Cutuli, nascono stages e training camp destinati ai cronisti che vanno a raccontare quanto avviene al fronte con quale nozione sui rischi e la sicurezza. Da pochi giorni si è concluso ad Arvier (val d’Aosta) il primo War Reporting Training Camp. “Chi va in zone di guerra deve essere preparato” ci spiega cristiano Tinazzi, inviato su diversi fronti di guerra, uno dei fondatori dell’iniziativa. Continua a leggere
Il fotoracconto della marcia della speranza da Budapest a Vienna
Gli eroi del treno e il filo rosso con l’11 settembre
Spencer, Alek, Anthony e Chris, i tre amici americani, due militari e uno studente, e il signore britannico loro vicino di posto, che hanno bloccato il terrorista che stava per compiere un massacro sul treno ad alta velocità Amsterdam Parigi sono degli eroi. Con la loro decisione di mettere a rischio la propria vita per cercare di immobilizzare l’uomo armato che avanzava nel vagone hanno salvato tutti gli altri passeggeri. Sono stati premiati con la “Legion d’onore” dal presidente francese Hollande, ma il loro gesto non è il primo e il loro esempio viene da lontano. Continua a leggere
I misteri delle stragi di Sousse e del Bardo
Gli attentati di marzo al Museo Bardo (22 morti) di Tunisi e quello di giugno sulla spiaggia dell’hotel Riu Maharba di Sousse (38 vittime) sono collegati tra loro. Ne sono ormai certi gli investigatori britannici che assieme alla polizia tunisina stanno svolgendo le indagini. Non viene però rivelato il nesso tra le due stragi. Fin’ora oltre 150 persone sono state arrestate ma di queste solo una quindicina sembrano direttamente coinvolte nei due attentati.
Dopo aver visionato 370 fotografie e video ripresi durante l’assalto di Sousse e ascoltato 450 testimoni, la polizia britannica è arrivata ad alcune certezze su quanto accaduto, gli stessi elementi che diversi testimoni ci avevano riferito a Sousse subito dopo l’attentato. Continua a leggere