“Non fate finta di non vedere quello che sta accadendo nel mio paese”. Lo scrittore Alidad Shiri con l’UNHCR per l’Afghanistan

La popolazione afghana allo stremo

 

L’appello è accorato. Viene da chi con un viaggio rischioso ha abbandonato 17 anni fa il suo paese. Aveva appena 14 anni all’epoca Alidad Shiri, fuggito da solo da Gazni in Afghanistan e arrivato a Venezia nascosto sotto ad un Tir sbarcato dalla Grecia. Ora è un giornalista e su quella fuga ha scritto un libro  “Via dalla pazza guerra” (HarperCollins).

“Temo che tantissimi ragazzi saranno costretti a fuggire di nuovo dall’Afghanistan” mi spiega “ma soprattutto che nei prossimi mesi molti muoiano di fame e stenti se l’Occidente non li aiuta”. Alidad lancia il suo appello assieme all’UNHCR con la campagna di raccolta fondi “Non lasciamoli soli”. E spiega perché è necessario aiutare subito gli afghani, non i talebani al potere, e perché ci sono motivi per restare ottimista.

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La catastrofe della guerra dimenticata da tutti

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Noi giornalisti usiamo spesso il termine guerra “dimenticata” per indicare i molti conflitti nel mondo di cui si parla poco, in particolare sui media italiani. Soprattutto in periodo di Pandemia. Eppure secondo l’UNHCR la più grave catastrofe umanitaria dei nostri tempi sta andando avanti nel quasi totale silenzio internazionale da sei anni. La guerra nello Yemen ha costretto oltre 4 milioni di persone ad abbandonare le proprie case e sono oggi sfollate all’interno del paese, mentre 16 milioni di bambini e donne sono alla fame e senza medicinali. Il numero delle vittime non è calcolabile con precisione.

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Auguri ad un padre di cui non so il nome

Vorrei mandare i miei auguri per la festa del papà ad un padre di cui non conosco il nome. Lo ho fotografato lo scorso settembre, eravamo al confine tra Ungheria e Austria e lui è arrivato con il suo bimbo sulle spalle che dormiva stremato dopo ore di cammino sotto la pioggia e al freddo.

So solo che quest’uomo arrivava dalla Siria, e immagino che abbia deciso di affrontare un viaggio pericoloso lasciandosi alle spalle la sua casa, la sua comunità, i suoi amici, le sue sicurezze per affrontare una vita nuova soprattutto per suo figlio. Una decisione con una responsabilità enorme: il viaggio via terra e poi via mare dalla Siria alla Turchia e poi alla Grecia e via Macedonia fino in Ungheria è carico di pericoli e insidie. Quasi ogni giorno il mare Egeo strappa la vita a tanti bambini.

Quando dopo lunghi giorni di cammino, di notti all’addiaccio, di polizia brutale e di spietati trafficanti di uomini, quando è arrivato finalmente al confine austriaco e ha visto aprirsi le porte della strada verso l’Europa, questo padre ha sorriso, nonostante la fatica, la fame, il freddo. E quando i volontari gli hanno offerto vestiti, scarpe, coperte, lui ha preso solo dell’acqua e rifiutato ogni altra cosa. Ringraziando ha detto: “lasciate queste cose per gli altri che stanno arrivando dietro di me e che ne hanno più bisogno”.

Non so altro di questo padre. Spero sia una persona onesta, venuta per lavorare e mandare suo figlio a scuola. Spero che riesca a diventare un cittadino modello in questa Europa che certo non può accogliere, trovare lavoro e garantire lo stato sociale a tutti, ma che non può neppure voltarsi dall’altra parte e far finta di niente. A questo padre e al suo bambino auguro davvero di trovare un futuro migliore.