La guerra torna a bussare alle porte di Sirte, la città libica a metà strada tra Tripoli e Bengasi, più volte contesa e ormai ridotta in macerie. Quando nell’ottobre 2011 sono entrato nel centro abitato al termine di settimane di assedio e poche ore dopo l’uccisione del Colonnello Gheddafi, che qui era nato e qui si era nascosto fino all’ultimo giorno, nelle strade c’erano decine di cadaveri e i palazzi erano in gran parte distrutti. Ho immaginato che sarebbe presto rinata, forse diventata un ridente centro turistico, e invece pochi mesi dopo è arrivato il Califfato Islamico e il suo triste destino prosegue ancora oggi.
Sirte una volta era un villaggio di beduini sul mare, crocevia per le carovane che si avventuravano nel deserto verso l’Africa centrale e un fiorente mercato di cammelli e datteri. Occupata dagli italiani nel 1912 nel corso della guerra italo-turca, nel 1915 a causa della ribellione dei Senussi gli italiani devono abbandonare la città, che viene poi rioccupata nel 1924.
Dopo la conquista del potere nel 1969, il Colonnello Mu’ammar Gheddafi trasforma Sirte nella vetrina della sua rivoluzione, con un ampio programma di lavori pubblici per trasformare l’allora villaggio in una piccola città. Un periodo d’oro che termina bruscamente nel 2011. Allo scoppio della guerra civile Sirte diventa la roccaforte dei lealisti fino all’uccisione di Gheddafi il 20 ottobre e viene quasi interamente distrutta dalle milizie della vicina Misurata, che era stata a sua volta devastata dalle truppe del Colonnello.
Nella primavera del 2015 la città viene conquistata dalle forze oscurantiste dell’autoproclamato Stato Islamico (ISIS), che la controllano seminando il terrore fino al dicembre 2016, quando dopo lunghi e violenti scontri le milizie libiche fedeli al governo di Fayez al Serraj scacciano i fondamentalisti islamici.
Ma non è affatto finita. Nello scorso gennaio ad entrare in città sono le truppe del generale Kalifa Haftar partito da Bengasi per conquistare Tripoli. Ora dopo la sconfitta e la ritirata del Generale la città sta per tornare un campo di battaglia. Sono le truppe del premier di Tripoli al Serraj assieme alle milizie della vicina Misurata e con il supporto dei combattenti inviati dalla Turchia a voler strappare la città alle truppe del generale Haftar, appoggiato a sua volta da Emirati Arabi, Egitto e mercenari russi. Sirte resta infatti fondamentale per il controllo della mezzaluna del petrolio, una delle aree più ricche di greggio libico, su cui molti paesi hanno messo gli occhi. Le strade circondate da rovine e gli esausti abitanti di Sirte si preparano di nuovo all’incubo guerra.