“Qualcuno cerca di impedire la stabilizzazione della Libia”. Intervista al nostro ambasciatore a Tripoli

Tentato golpe, accuse all’Italia di occupazione militare, notizie e smentite dalla Libia nel caos. Abbiamo intervistato l’ambasciatore italiano Giuseppe Perrone rientrato a Tripoli da pochi giorni

Ambasciatore qual è oggi la situazione a Tripoli?

La situazione è di normalità anche ieri al situazione era normale, la città andava avanti. Ci sono stati tentativi di ingresso di uomini armati in alcuni edifici ma tutto introno non c’era alcun segno di scontro o di violenza. Direi che la situazione prosegue nella normalità. Più che altro i tentativi di ieri hanno avuto rilevanza mediatica perché si sta combattendo una guerra mediatica. C’è chi vuole accreditare un messaggio piuttosto che un altro, e cosi si rincorrono notizie che non hanno un riscontro concreto nei fatti. Continua a leggere

“In Libia l’Italia sta sbagliando”. Intervista ad Ali Qatrani, vice premier libico

libia-2

“I rappresentanti delle Nazioni Unite e l’Italia stanno commettendo un grave errore in Libia. Hanno cercato di raggiungere un accordo politico unitario senza tenere conto della parte orientale, la Cirenaica, mentre consentono agli islamisti di tornare al governo. Questo non lo accetteremo mai”. Ali Qatrani è il vice premier del Governo di unita’ nazionale libico sostenuto dall’Onu e dalla comunità internazionale guidato da Al Serraj, ma in realtà non ha messo da mesi piede a Tripoli. E’ il rappresentante della Cirenaica nel complesso mosaico su cui si regge l’esecutivo, ma è considerato un falco e l’uomo più vicino al generale (ora maresciallo) Haftar, il militare che a capo dell’ esercito nazionale libico con l’appoggio del Parlamento di Tobruk, vuole riunificare il paese e scacciare gli islamisti. Lo intervistiamo, tra eccezionali misure di sicurezza, a Roma dove ha incontrato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Continua a leggere

Auguri ad un padre di cui non so il nome

Vorrei mandare i miei auguri per la festa del papà ad un padre di cui non conosco il nome. Lo ho fotografato lo scorso settembre, eravamo al confine tra Ungheria e Austria e lui è arrivato con il suo bimbo sulle spalle che dormiva stremato dopo ore di cammino sotto la pioggia e al freddo.

So solo che quest’uomo arrivava dalla Siria, e immagino che abbia deciso di affrontare un viaggio pericoloso lasciandosi alle spalle la sua casa, la sua comunità, i suoi amici, le sue sicurezze per affrontare una vita nuova soprattutto per suo figlio. Una decisione con una responsabilità enorme: il viaggio via terra e poi via mare dalla Siria alla Turchia e poi alla Grecia e via Macedonia fino in Ungheria è carico di pericoli e insidie. Quasi ogni giorno il mare Egeo strappa la vita a tanti bambini.

Quando dopo lunghi giorni di cammino, di notti all’addiaccio, di polizia brutale e di spietati trafficanti di uomini, quando è arrivato finalmente al confine austriaco e ha visto aprirsi le porte della strada verso l’Europa, questo padre ha sorriso, nonostante la fatica, la fame, il freddo. E quando i volontari gli hanno offerto vestiti, scarpe, coperte, lui ha preso solo dell’acqua e rifiutato ogni altra cosa. Ringraziando ha detto: “lasciate queste cose per gli altri che stanno arrivando dietro di me e che ne hanno più bisogno”.

Non so altro di questo padre. Spero sia una persona onesta, venuta per lavorare e mandare suo figlio a scuola. Spero che riesca a diventare un cittadino modello in questa Europa che certo non può accogliere, trovare lavoro e garantire lo stato sociale a tutti, ma che non può neppure voltarsi dall’altra parte e far finta di niente. A questo padre e al suo bambino auguro davvero di trovare un futuro migliore.

“La guerra sulla pelle”: le foto di Erik Messori in mostra a Belfast

Independent on my Skin

Picture 1 of 10

Jimmy (46) - Belfast - La lotta delle donne nel carcere di Armagh, una rappresentazione della madre prima del carcere e poi di quanto fragile fosse quando fu rilasciata due anni dopo. In prigione due volte, ferito tre volte durante i disordini negli anni '90.

Per decenni la guerra tra IRA e militari britannici in Irlanda del Nord è stata sulle prime pagine dei giornali mondiali. Poi è arrivata una tregua, mai firmata, e non se ne parla più. Sotto la cenere però il fuoco indipendentista arde ancora e il fotografo italiano Erik Messori per due anni e mezzo è stato nei luoghi segreti dell’IRA tra i protagonisti di quelle pagine di storia e sangue per raccontarlo. Le sue straordinarie fotografie (dal titolo “Indipendence on the skin”) vengono esposte alla Red Barn Gallery di Belfast dal 4 febbraio al 23 aprile. Ne abbiamo parlato con l’autore Erik Messori, fotoreporter che lavora per le più importanti riviste internazionali, pluripremiato e tra i fondatori del collettivo CAPTA, nato da poco ma già emergente nel panorama fotografico italiano.
Continua a leggere

“I cristiani resisteranno nonostante tutto”


“Il Medioriente come lo conoscevamo non esiste più e non so cosa ci sarà dopo. Certo bisognerà ricostruire la fiducia tra cristiani e musulmani e non sarà una cosa facile. Ma è necessario farlo”. Padre Pierbattista Pizzaballa è uno di quei frati che parla in modo semplice e che affronta incredibili difficoltà come se nulla fosse. E’ il Custode di Terra Santa, responsabile dei cristiani in Medioriente. Vive a Gerusalemme ma si sposta tra Iraq e Siria dovunque la guerra minacci fedeli, sacerdoti, chiese e monasteri.
“Ad Aleppo” – racconta – “cristiani e musulmani contano i morti ciascuno per conto proprio, secondo la fede di appartenenza. Questo dimostra che non c’è più fratellanza, che ogni rapporto è da ricostruire”. Lo incontro a Roma dove è venuto per parlare di quanto sta accadendo ad un affollatissimo incontro organizzato dalla fondazione Avsi e dalla rivista Oasis. Continua a leggere

Il fotoracconto della marcia della speranza da Budapest a Vienna

La stazione

Picture 1 of 11

La stazione di Budapest

Ecco le fotografie che ho scattato durante i giorni della marcia dei disperati dalla stazione di Budapest al confine austriaco.

“Io rapita come schiava dell’ISIS”

“Ero al mio villaggio con la mia famiglia quando sono arrivati i miliziani dello Stato Islamico. Hanno separato le donne dagli uomini e quella è stata l’ultima volta che ho visto mio marito”
Incontro Amsha (nome di fantasia scelto da lei) 19 anni, in un luogo segreto vicino a Dohuk, nel Kurdistan a nord dell’Iraq a circa 80 chilometri da Mosul, capitale irachena del Califfato. La ragazza racconta con lucidità come è finita tra le schiave sessuali dell’Isis. Continua a leggere

“Al freddo, in tende di fortuna”

“E’ arrivata la prima neve sugli altopiani e migliaia di persone sono al gelo, in tende fatte di teli e cartone”. Da Cornate d’Adda nella Brianza Chiara Nava è arrivata ai confini della Siria per aiutare i profughi in fuga dalla guerra. Settecentomila in Giordania, un milione e settecentomila in Libano. “Stiamo portando coperte, abiti caldi e stufe” ci racconta “ma le persone sono sparse ovunque, fuori dalle città, in accampamenti di fortuna e le temperature sono sempre più basse”. Continua a leggere

Il potere dei narcos in Afghanistan

L’Afghanistan si avvia a diventare un “Narco-Stato”: le piantagioni di oppio raggiungeranno quest’anno i 250 mila ettari, quasi il doppio rispetto ai 138 mila di appena quattro anni fa, superando così le aree di produzione di coca di tutto il Sud America. Il paese asiatico produce ormai l’85 per cento dell’eroina mondiale, con un giro d’affari da oltre tre miliardi di dollari. Continua a leggere

Califfollywood: il promo dell’ISIS

flames
Qui il video integrale dell’Isis

Ancora una volta il cosidetto Stato Islamico o Califfato dell’Iraq e della Siria lancia in rete un video. L’ultimo si intitola “Flames of War”, “fiamme di guerra”, sottotitolo: la lotta è appena cominciata, ed è un vero e proprio trailer realizzato con immagini, grafica e montaggio di altissimo livello.
Il filmato, una sequenza di esplosioni, soldati americani feriti, fiamme e uomini mascherati, dura appena 50 secondi e si conclude, come tutti i promo che siamo abituati a vedere al cinema, con la scritta “Cooming soon”, “Prossimamente”. Continua a leggere