Il mistero del colera ad Haiti

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Il 12 gennaio del 2010 una violentissima scossa di terremoto radeva al suolo Port Au Prince, la capitale dell’isola caraibica di Haiti. Fu una vera e propria catastrofe: i morti furono oltre duecentomila. Il mondo decise di mandare aiuti. Nelle settimane seguenti arrivarono soccorritori da ogni parte con ospedali da campo, cibo, acqua, tutto il necessario per una popolazione stremata. Alcuni mesi dopo ad aggravare la situazione scoppiò un epidemia di colera con 650 mila persone colpite e 8 mila morti. Il fatto misterioso è che la malattia era praticamente sconosciuta ad Haiti. Di qui i sospetti, le accuse e un vero e proprio giallo internazionale.

L’epidemia iniziò verso la fine del mese di ottobre nella regione di Saint Marc, 100 chilometri a nord della capitale. In quella zona scorre il fiume Artibonite sulle cui sponde vivono migliaia di persone e dove si era accampato il contingente nepalese dei caschi blu. Senza – secondo i testimoni – alcuna misura di precauzione igienica. Nei mesi scorsi gli avvocati haitiani che difendono alcune famiglie che hanno perso i propri parenti per il colera hanno depositato una denuncia presso il tribunale di New York: l’infezione, secondo loro, si è diffusa a causa della base dei militari nepalesi, accampati nella città di Mirebalais, vicino al fiume, usato dai peacekeeper come scarico fognario. I legali citano in giudizio le Nazioni Unite e chiedono ingenti risarcimenti. Hanno qualche prova?

Il Centers for Disease Control and Prevention statunitense, tramite analisi del DNA ha dimostrato che diversi campioni di colera in pazienti haitiani sono stati identificati come sierogruppo O1 del Vibrio cholerae, sierotipo Ogawa, un ceppo originario dell’Asia meridionale. Mentre ad Haiti non si ricordano casi nell’ultimo secolo, In Nepal la malattia è endemica e provoca ogni anni centinaia di vittime.

Si profila insomma uno scontro legale inedito. Per ogni haitiano deceduto gli avvocati chiedono una compensazione di 100 mila dollari, 50 mila per chi ha contratto la malattia. Una richiesta “irricevibile” secondo un portavoce del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon perché in base alla Convenzione del 1947 è garantita all’Onu l’immunità per le proprie azioni.

Saranno i giudici a decidere se ammettere la richiesta e aprire un caso giuridico senza precedenti.