Sono trascorsi quattro anni da quando il gesuita italiano Paolo Dall’Oglio responsabile del monastero di Deir Mar Mousa è scomparso in Siria. Abbiamo incontrato Francesca, la sorella, che con tutta la famiglia continua a sperare di rivederlo vivo prima o poi.
Sono quattro anni molto, molto lunghi per noi, con notizie altalenanti ora che ci danno speranza ora che ci levano ogni speranza, noi però continuiamo a sperare perché di notizie certe non c’è nulla sulla sorte di Paolo è noi continuiamo a sperare perché…. c’è una una fiducia nella provvidenza. Questo è un mondo in guerra con tante persone scomparse e a volte si hanno notizie dopo parecchi anni, noi come famiglia continuiamo ad avere la speranza che Paolo sia vivo e che possa tornare tra di noi.
L’unica cosa certa che si sa è che Paolo era in Siria nei dintorni di Raqqa quando è scomparso a fine luglio del 2013. Dopodiché solo buio?
E’ un buio totale che accomuna a Paolo anche i due vescovi che erano stati rapiti a maggio del 2013. Non sappiamo neanche se sia vivo o chi lo detiene. Una cosa ci aiuta in questa grande incertezza, noi sappiamo che Paolo è tornato in Siria perché amava il popolo siriano, perché si sentiva siriano, perché credeva nel dialogo e la Siria era diventato il luogo dove lui poteva vivere e sperimentare questo dialogo con il mondo musulmano cui lui si sentiva chiamato profondamente da Dio. E quindi il sapere che lui è lì perché è la sua vocazione, la sua strada, ci dà anche la serenità di accettare queste sue scelte e quindi continuare a sperare
In questi giorni le truppe della coalizione si stanno avvicinando a Raqqa, l’hanno circondata e presto potrebbero liberare la capitale del Califfato. Questo cambia per voi le aspettative?
Da una parte se Paolo è prigioniero dell’Isis o se ce l’aveva l’Isis sicuramente forse arrivare a Raqqa, anche la zona della diga di Al Tabqa, ad un certo punto correva voce che forse lui era detenuto lì, nei molti cunicoli dove si nascondevano gli uomini dell’Isis, e quindi continuiamo a sperare che ci possa essere qualche notizia, però forse dovremo aspettare ancora.
Il Governo italiano sta agendo con voi fin dall’inizio in silenzio. Voi vi sentite appoggiati o avete qualcosa da chiedere di più?
Certamente questo non avere risposte sicure se Paolo sia vivo o morto è molto doloroso, però noi sappiamo che stanno lavorando, siamo stati ricevuti in passato dal Presidente Mattarella, dal presidente del consiglio Gentiloni quando era ministro degli esteri, andiamo regolarmente all’unità di crisi, quindi noi con fiducia continuiamo a credere che l’Italia continui a lavorare, così come anche l’altra famiglia di Paolo che è la Chiesa, ricordiamo che anche Papa Francesco ha fatto alcun appello per la liberazione di Paolo. E quindi ci sentiamo con fiducia appoggiati.
Voi avete tenuto come famiglia un basso profilo, con poche interviste. ORa c’è qualcosa che volete dire all’opinione pubblica?
In questo momento continuiamo ad avere fiducia che si continui a lavorare, che ci facciano sapere qualche cosa se hanno delle notizie. Noi vorremmo sottolineare alla luce del lavoro dell’ associazione dei giornalisti amici di padre Paolo dall’Oglio, che hanno presentato il libro “Paolo dall’Oglio, la profezia messa a tacere” (San Paolo Edizioni) crediamo che sia importante far conoscere il pensiero di Paolo, il suo spirito di dialogo, di non lasciarsi prendere dalla paura ma di saper entrare in comunione profonda con l’altro, anche di fronte a quelli che possono essere i fondamentalismi a cui noi assistiamo oggi in Siria, ormai diventata il luogo di scontro Di tutte le vicende del Mediterraneo.
Proprio per questo Paolo era tornato in Siria?
Paolo aveva lanciato un grido di allarme. Paolo conosceva la situazione siriana e conosceva anche i tentativi che hanno stati fatti di mediazione per arrivare a delle forme di democrazia più matura. Lui temeva proprio quello che poi è successo, questo baratro della Siria in guerra ormai dal 2012 con gruppi fondamentalisti come l’Isis, è quindi qualcosa che è totalmente estraneo a quella che è la Siria ma soprattutto la profezia di Paolo era quella che bisognava intervenire cercando il dialogo tra tutte le componenti di questo paese, che è abituato a convivere con tante confessioni religiose, anche di cristiani veramente da molti secoli.
In questi anni si sono diffuse notizie infondate, a volte anche speculazioni sulla vicenda di Paolo. Vi hanno fatto male?
Certo per noi queste notizie che arrivano ogni volta sono molto dolorose, ora accendo una speranza, ora veramente una grande sofferenza. Però pensiamo anche che in questa zona di guerra della Siria sono tanti gli esseri umani che vivono questa nostra esperienza, e che non hanno notizie. In fondo noi siamo anche fortunati in questo questo contesto, speriamo di avere presto notizie di Paolo e continuiamo a pregare molto per tutta la Siria e per tutti i cittadini siriani.
Prima della sua scomparsa Padre Dall’Oglio scriveva: al di là di tutti gli sforzi dispensati in venti anni di dialogo devo confessare il fallimento completo di tutti i miei tentativi di favorire un passaggio non violento ad una democrazia matura per il bene dei nostri figli e della riconciliazione. Eppure voglio essere in Siria per portare una testimonianza e gettare un seme.
Sabato 29 luglio alle 18 e 30 ci sarà una messa presso la chiesa di San Giuseppe in via Nomentana a Roma per pregare per Paolo, per la Siria e tutte le vittime della guerra.
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