Nelle ultime settimane la crisi nel nord della Nigeria è arrivata all’attenzione del mondo soprattutto dopo il sequestro delle studentesse da parte del gruppo Boko Haram. Leonello Fani, 35 anni, di Bracciano, da tempo lavora in Nigeria per l’assocazione Apurimac di cui è il responsabile paese.
Che cosa sapete voi che siete lì di questa vicenda?
Le informazioni su questa vicenda sono tenute nell’ombra. Per esempio non si sa nulla delle ragazze che sono riuscite a fuggire. Non è stata resa pubblica alcuna dichiarazione che avrebbe potuto aiutare a capire meglio come sono andate le cose la sera del rapimento. Della vicenda in sé si può dire che le studentesse si sono trovate coinvolte in una situazione più grande di loro e molto complessa che coinvolge le dinamiche di politica nazionale e il ruolo cruciale giocato dalla Nigeria in Africa.
Le violenze compiute dal gruppo Boko Haram non sono una novità. Chi sono questi estremisti, perché agiscono e hanno un seguito popolare?
Boko Haram balla sulla carcassa dello stato. Quando siamo di fronte ad un paese con le caratteristiche della Nigeria, che ha indicibili livelli di sperequazione, Boko Haram (così come qualsiasi altro gruppo radicale) trova un seguito popolare, poiché critica radicalmente tutta la classe dirigente – senza fare distinzioni religiose – considerata colpevole dello sfacelo in cui versa il paese e poiché offre una causa per cui spendere la propria vita. Boko Haram non ha un seguito popolare diffuso nel paese, ha un seguito nelle zone del Nord Est che sono la loro roccaforte e un seguito in parte dell’establiment nigeriano.
Perché il governo sembra impotente di fronte a questa situazione?
Il governo è impotente perché diviso all’interno. Se ci fosse unità di intenti il discorso della difesa del territorio e delle sue persone sarebbe stato affrontato con una strategia migliore e forza maggiore.
Gli estremisti sembrano attaccare soprattutto i cristiani ma colpiscono anche dei musulmani. Tentano di alimentare un conflitto religioso?
Boko Haram attacca innanzi tutto i simboli dello stato, a partire dalle forze di polizia e dai militari che sono stati dispiegati negli stati del Nord est del paese. Poi attacca la popolazione civile, privilegiando obiettivi cristiani. Stanno combattendo la loro guerra dal loro punto di vista dell’islamismo radicale, che non accetta la presenza di religioni diverse da quella islamica. Tuttavia, credo che neanche da parte loro, così come ormai da parte della popolazione nigeriana, ci sia l’idea di alimentare uno scontro religioso. L’idea di ridurre la complessità nigeriana allo scontro religioso ha perso la sua forza, come noi sosteniamo da sempre.
Apurimac è impegnata da anni sul campo appoggiando chi cerca il dialogo tra le diverse fedi. Ci sono speranze di riuscirci?
Apurimac è impegnata a mitigare il conflitto nella middle belt nigeriana agendo sulle sue strutturali e sulle sue cause sovra-strutturali. Con un’azione a supporto delle istituzioni legate all’istruzione primaria e secondaria e combattendo la disoccupazione. Poi si agisce cercando di garantire un buon livello di cure mediche.
Oltre a questo, cerchiamo di facilitare il dialogo non tanto tra le fedi ma tra persone e le comunità in cui le possibilità di crisi violente è alta. Dunque si organizzano sessioni di incontri, spesso anche molto duri, ma che hanno la capacità di ristabilire un contatto.
Quali sono le attività che svolge Apurimac in Nigeria?
Agiamo principalmente in tre stati (Nassarawa, Kaduna, Plateau) con l’obiettivo di ridurre le cause del conflitto che da anni infesta questi luoghi e queste persone. Per raggiungere l’obiettivo lavoriamo in cinque ambiti: istruzione; formazione professionale ed inserimento al lavoro; riconciliazione e supporto medico alle vittime; ruolo dei media; ruolo della società civile nel processo democratico nigeriano.
La Nigeria è il paese più popoloso dell’Africa con circa 180 milioni di abitanti e il più ricco grazie alle riserve petrolifere. E’ considerata una potenza emergente ma non riesce a trovare pace. Perché?
Citiamo 4 elementi sui mille che potrebbero contribuire alla risposta: corruzione, individualismo, sperequazione e debolezza dell’impalcatura istituzionale. Questi elementi sono strutturali e sono il frutto di decenni di politiche che con estrema precisione hanno portato il paese fin qui.