Zone di crisi

E’ iniziata l’era dei robot killer?

 

Iran, il luogo dell’attacco

A fine novembre 2020 in Iran Mohsen Fakhrizadeh, uno dei più importanti scienziati nucleari iraniani è stato colpito da una scarica letale di proiettili mentre si spostava in auto. Anche se nessuno lo confermerà mai, l’uomo sarebbe stato ucciso in un’operazione di intelligence israeliana, in cui sarebbe stata utilizzata un’arma mai vista prima: una mitragliatrice attivata da remoto a più di 1.600 chilometri di distanza, e comandata con l’aiuto dell’intelligenza artificiale per regolare la precisione degli spari tenendo conto di ritardo delle immagini, delle vibrazioni prodotte dal contraccolpo e della velocità dell’auto dello scienziato. Subito dopo l’attacco l’arma, nascosta in un furgoncino parcheggiato, si sarebbe autodistrutta con un’esplosione.

Uno dei droni turchi usati in Libia

Pochi mesi prima, il 27 marzo 2020, in Libia in un’offensiva del governo provvisorio di Tripoli alcuni convogli di rifornimenti delle forze Generale Haftar sarebbero state attaccate dal cielo da veicoli aerei da combattimento senza equipaggio turchi. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite da poco pubblicato – https://undocs.org/S/2021/229 – si sarebbe trattato del primo episodio di azione di robot killer programmati per attaccare gli obiettivi senza connessione con un pilota di controllo a terra. I droni avrebbero insomma cercato, trovato e sparato sul nemico in modo autonomo.

Si tratterebbe della prima volta nella storia. Già da diversi anni le dottrine militari sono state rivoluzionate dall’arrivo dei droni, velivoli senza pilota, ma ciò renderebbe questi due attacchi diversi da ogni precedente è che sarebbero stati attuati da macchine che operavano in maniera autonoma, senza o con minimo intervento umano.

I LAWS (Lethal Autonomous Weapons), “armi autonome letali” sono dispositivi in grado di selezionare e colpire un bersaglio senza controllo e sono in fase di sviluppo avanzato in Cina, Israele, Corea del Sud, Stati Uniti e Regno Unito. Robot killer insomma, che sollevano molti dubbi di tipo etico e pratico. Al momento, non esiste una legislazione internazionale che regoli la produzione e l’utilizzo di questi dispositivi. “ Stop robot killer” è un movimento, sostenuto da intellettuali e scienziati, che chiede di regolare subito sviluppo, produzione e uso di queste macchine che possono decidere vita o morte. Tra le motivazioni di chi si oppone c’è innanzitutto la questione morale: una macchina non può “stabilire” della vita e la morte di un essere umano, in particolare nelle situazioni che richiedono un discernimento basato sull’analisi del contesto e su qualità umane come compassione e discernimento. Emergono dubbi sulla capacità di tali armi di rispettare le regole di guerra come la proporzionalità dell’attacco o il rispetto dei diritti umani. E che dire dei possibili malfunzionamenti o attacchi degli hacker? E se se ne impadronissero dei terroristi?

Un combattente libico dotato di arma anti drone

Per non parlare delle questioni sulla responsabilità: in caso di errore chi sarebbe imputabile? Il programmatore, il produttore, il comandante? La giustizia per le vittime potrebbe diventare ancora più difficile da raggiungere.

E se come nella saga cinematografica “Terminator” le macchine decidessero poi un giorno di ucciderci tutti?

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