Zone di crisi

Le prime immagini degli italiani in Iraq

Guerriglieri curdi a lezione dagli istruttori italiani

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Il campo è fatto di tende, per ora una dozzina, nei pressi di Erbil, la capitale del Kurdistan Iracheno. La missione è quella decisa dal governo nell’ambito della coalizione internazionale per contrastare l’avanzata dell’ISIS. I compiti dei soldati italiani in Iraq per ora sono di sorvolo aereo e addestramento delle forze di sicurezza curde. Siamo andati a vedere come e poi in prima linea con i Peshmerga. 

L’attività principale si svolge in una caserma dell’esercito iracheno poco fuori da Erbil. In un prato all’interno della struttura militare una dozzina di combattenti curdi, i famosi “peshmerga”, assiste alla lezione degli istruttori italiani. Con una corda mostrano come spostare un possibile ordigno da distanza di sicurezza. Il corso è quello sugli IED, gli ordigni artigianali, divenuti una delle armi più micidiali nella guerra asimmetrica, in Afghanistan come in Iraq. Poi il corso si sposta in una vallata dove una strada attraversa ponti e strettoie, luoghi perfetti per nascondere trappole esplosive. I pick up dei curdi avanzano lentamente: gli istruttori italiani provenienti dal Centro di eccellenza CIED, dall’Ottavo Reggimento guastatori paracadutisti Folgore e dal Terzo Reggimento guastatori, spiegano in base a quali segnali capire dove ci possano essere pericoli. I peshmerga tastano il terreno, smuovono pietre e poi finalmente trovano i fili di un congegno a pressione collegato ad un vecchio proiettile di mortaio.

Una delle armi più usate dall’Isis ci spiegano gli istruttori è costituita dagli SVBIED, suicide veichle-Borne Improvised Explosive Device, automezzi a volte blindati, carichi di esplosivo e guidati da kamikaze.

Altro addestramento, stavolta nel cortile della caserma: l’uso del sistema anticarro Folgore, donato dall’Italia alle forze curde. Colpire in modo preciso non è facile ma è fondamentale. Il rischio con una coalizione di forze variegata non è più solo “Blu on Blu”, come in codice si definisce il fuoco amico, ma “Green on Blu”, cioè che qualche forza locale colpisca per errore le truppe alleate.

Ci spostiamo a tre ore di auto da Erbil, fino a Dohuk e poi giù fino a Tall Kay, appena 12 chilometri da Mosul, circa 800 metri dalle postazioni dei miliziani dello Stato Islamico. Il paesino è stato abbandonato dagli abitanti e ora è presidiato dai peshmerga che dormono nelle case e presidiano la linea del fronte. Il comandante dei soldati curdi ci indica l’orizzonte e ci spiega che il Califfato ha trincee, torrette, carri armati e cannoni. Ci assicura che tra poche settimane da lì partirà l’offensiva per liberare Mosul. Sarà un test importante per vedere se l’addestramento degli italiani e delle altre forze della coalizione è stato efficace a preparare un vero esercito per un offensiva non facile.

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